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Il prezzo della moneta. Una disamina critica della teoria dell’interesse di Keynes (parte prima)

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The Price of Money è il cap. V di Interest and Usury, la tesi di dottorato in cui padre Dempsey – sotto la guida di Schumpeter, che a lui deve le informazioni sulla Scolastica poi accolte nella Storia dellanalisi economica e divenute così patrimonio comune – mette a confronto le teorie modernedellinteresse (cioè, quelle posteriori a Boehm-Bawerk, da Wicksell in poi) e lanalisi dellusura in tre autori della Seconda Scolastica, Molina, Lessio e de Lugo. Il raffronto presenta un indubbio interesse in sé e per sé, ma mi è parso che questa garbatissima demolizione della Teoria Generale – fin qui, si direbbe, sfuggita anche ad una vera e propria storia dei conati antikeynesiani1 – meritasse di essere tradotta e offerta, per la prima volta, al pubblico italiano. Non so se ammirare di più la capacità, invero stupefacente, di trovare un senso compiuto entro quel volume labirintico o leleganza con cui i punti critici vengono messi a nudo; ma credo che i lettori sapranno apprezzare entrambi gli aspetti.

John Maynard Keynes è con buona probabilità, leconomista più influente di questa generazione. Le sue idee sono conosciute meglio e più discusse tra il pubblico di quelle di qualsiasi altro economista vivente. Ma questa popolarità non è dovuta al nitore del suo stile; la sua prosa non si presta ad essere riassunta in termini chiari e semplici. Termini fondamentali – ad esempio, profitti, risparmi, investimenti – nelle sue opere compaiono con significati esoterici. Secondo Noah Webster, efficienzasignifica capacità di fare bene qualcosa. Per Keynes, lefficienza marginale del capitale non è una questione di capacità produttiva, bensì di aspettative. Esaminate più da vicino, le aspettative si riducono ad una sorta di stato danimo medio. Uno stato danimo medio, sprovvisto di una base oggettiva e percettibile che lo determini, è un concetto alquanto elusivo che non viene associato prontamente allefficienza.

Lampio raggio delle idee di Keynes non agevola affatto unanalisi accurata: la sua portata supera di gran lunga lambito di ciò che padroneggia. In uno dei suoi opuscoli, troviamo affastellate non solo la teoria dei salari e dellinteresse, ma lintera teoria dei prezzi, in equilibrio e in transizione, con lunghi excursus sullammortamento e suoi costi, il ciclo economico, il mercantilismo, e il denaro a scadenza, la filosofia sociale e la politica tributaria. Einclusa molta psicologia, di pertinenza assai dubbia. Non è inutile osservare che la sua preoccupazione circa la tendenza degli Americani a pensare la stessa cosa nello stesso momento non è stata confermata dalla reazione, qui, ai crittogrammi del suo ultimo libro. Keynes non esita a chiedere ai suoi colleghi economisti di abiurare a molto di quel che hanno appreso: la teoria classica” è una teoria assurda; Marshall aveva ragione a ritenere inutilelanalisi di Böhm-Bawerk; Mises, Hayek e Robbins hanno raggiunto le loro conclusioni invertendo del tutto lordine logico; gli studi più raffinati sulla teoria dei prezzi sono una confusione dove nulla è chiaro e tutto è possibile.2

Il tasso di interesse naturale di Wicksell, che per Wicksell era essenzialmente variabilee che, in assenza di innovazione, sarebbe zero, per Keynes èsemplicemente il tasso di interesse che manterrà lo status quo..3

Keynes impiega il concetto di periodo di produzionenel senso di unità temporali che occorrono perché si notino i cambiamenti nella domanda di esso [il prodotto] che devono darsi se esso deve presentare la massima elasticità di impiego.. Questa definizione, egli concede, non è identica a quella corrente, ma gli sembrache incorpori gli aspetti significativi del concetto.. Tutte queste particolarità sono complicate dal fatto che il libro è stato palesemente scritto in tutta fretta e non rappresenta uno studio integrato con attenzione, ma una serie di osservazioni, connesse in modo vago e di qualità variabile; riassumerlo è unimpresa.

Così, la teoria di Keynes presenta due problemi distinti. Qual è la sua posizione? E che rapporto ha con una qualche posizione classicaprecedente, non accuratamente definita, rispetto a cui egli si considera in disaccordo? Nessuna di queste domande consente una risposta sintetica. Il secondo punto, sebbene sembri molto importante per Keynes, è davvero di scarsa importanza per il nostro scopo e non occorre occuparcene a lungo. Keynes trova due difetti nella posizione classica.

La teoria classica premette che i saggi salariali tendono ad adeguarsi alle condizioni della domanda e dellofferta in modo tale che non può esistere una disoccupazione involontaria, a parte quella dovuta alle fluttuazioni industriali. [] Non esiste alcuna possibilità di chiamare in soccorso della produzione capitale e lavoro che, altrimenti, non sarebbero stati impiegati. Ci possono essere ben pochi dubbi che fino a tempi recenti, in ogni caso per quanto riguarda questo Paese, questa premessa della teoria classica corrispondeva alla realtà dei fatti. Dalla guerra in poi, tuttavia, c’è ragione di credere che i salariati siano riusciti a mantenere le medie dei salari reali più alte di quelle che, nelle presenti condizioni, sono compatibili con il pieno impiego. [] La semplice possibilità rende necessario indagare in proposito [] da un punto di vista più generale di quello che è stato comune fin qui, distinguendo 1) casi in cui la premessa classica si verifica e 2) casi in cui non si verifica..4

Questa è una buona esposizione del principale argomento di Keynes contro i classicisti, di cui egli considera Arthur Cecil Pigou come il più importante esponente contemporaneo e il principale colpevole. Quale argomento contro la posizione classicae Pigou, la citazione che precede avrebbe ben altro impatto se fosse contenuta negli scritti di Keynes, anziché in unopera, nientaffatto recente, di Pigou.

La teoria classica diventa una teoria assurdasu un altro particolare importante:

Per il fatto che lassunto che il reddito è costante non è compatibile con lassunto che queste due curve [curva della domanda di capitale e curva dellofferta di risparmio] possano spostarsi luna indipendentemente dallaltra. Quindi, se una di loro si sposta, generalmente cambierà il reddito..5

“Lammontare del reddito dei percettori dinteresse dipende dalla quantità delle risorse da loro prestate e dal tasso di sconto, cioè dal tasso di interesse. [] Proprio come linteresse figura in misura maggiore nel valore attuale di una nota di credito a cinque anni che in quello di una nota a un anno, così figura in misura maggiore in una comunità dove il periodo di produzione è lungo e vi è molto capitale rispetto al numero dei lavoratori. Le diseguaglianze di reddito tendono, in questo senso, a divenire più grandi a mano a mano che crescono i redditi totali..6

“Forse non è ingiustificato desumerne che c’è una considerevole massa di risparmi al margine. La fissità del tasso di interesse durante un periodo tanto lungo di cambiamenti sorprendenti sia negli usi sia nellaccumulazione del capitale sembrerebbe indicare una causa fissa: un prezzo dofferta marginale a cui il tasso di rendimento, nel complesso, si è adattato. Questo prezzo dofferta, senza dubbio, sarà verosimilmente influenzato, in futuro, dal fatto stesso dellaccumulazione ingente, o almeno da quelle condizioni generali dellindustria e della società che la accompagnano. La crescita del numero di persone che appartengono alle classi agiate, nonché dei loro redditi, fa sì che risparmi e investimenti crescano in volume e richiedano sacrifici minori. Il prezzo di offerta marginale potrebbe scendere, nel corso dei prossimi venti/cinquantanni, ad un tasso intorno al due per cento. [] Laccumulazione procede veloce e promette di continuare a farlo. [] Labitudine allaccumulazione è talmente radicata, tra le classi prospere della società moderna, che sembra che vada per la sua strada, prescindendo dal tasso di interesse..7

Questi brani non sono tratti da un saggio polemico di alto livello, ma da un manuale standard molto vecchio e sperimentato. Sebbene il loro autore, Frank W. Taussig, non tragga affatto, da osservazioni del genere, le stesse conclusioni di Keynes, simili citazioni rendono oltremodo improbabile che tutti gli autori precedenti abbiano completamente trascurato la possibilità che linteresse fosse, almeno in parte, una funzione del livello del reddito, e specialmente della distribuzione del reddito, ad un qualsiasi particolare livello di produzione totale. Brani del genere fanno mettere in dubbio lasserto che la teoria classica non si limita a trascurare linfluenza dei cambiamenti nei livelli del reddito, ma implica lerrore formale..8 Pertanto, potremo correttamente procedere ad unesposizione diretta della teoria propria di Keynes, senza preoccuparci dei suoi possibili rapporti con una qualche putativa teoria classica, se non nella misura in cui il metodo di esposizione di Keynes include simili riferimenti. Allora accetteremo la sua illustrazione senza commentarla in punto di esattezza storica.

La posizione di Keynes sul rapporto tra interesse e moneta è esposta in due opere di peso, Trattato sulla moneta, scritto nel 1930, e Teoria generale delloccupazione, dellinteresse e della moneta, scritta nel 1935. Entrambe le opere hanno dato origine ad ampie dispute, in parte per le idee ivi contenute, ma più per gli inviti, rivolti agli economisti, a cambiarsi i pantalonie abbandonare una nebulosa congerie di cose con cui Keynes era stato allevato.

La prima di queste opere era uno studio degno di nota, ma non sorprendente. Nelle parti che, in questa sede, ci occupiamo di esaminare, non conteneva nulla di essenziale che non fosse già ben noto ai lettori di Knut Wicksell e Dennis H. Robertson.9 Tra risparmi e investimenti, si esponeva, era possibile una divergenza. Il tasso di interesse che si stabiliva quando erano in parità era il tasso naturale di interesse, che tendeva a ristabilirsi. Lespansione dei mezzi di pagamento (in pratica, i depositi bancari) poteva indurre risparmio forzatoe generare profitti figurativi; tali profitti figurativi erano esclusi della definizione di reddito, e fintantoché fosse cresciuta la massa monetaria, prezzi e profitti si sarebbero alzati senza un tetto preciso, à la Wicksell. In base alla mia stessa definizione, sane condizioni del creditosarebbero, ovviamente, quelle in cui il saggio dinteresse sul mercato fosse uguale al tasso naturale, e sia il valore sia il costo dei nuovi investimenti fossero uguali al volume dei risparmi del momento..10 Le proposte pratiche di Keynes erano volte a conservare queste sane condizioni del credito. Tasso di sconto, operazioni di mercato aperto e modifica dei requisiti di riserva dovevano essere orchestrati in modo tale da mantenere il flusso di moneta in termini tali che il livello dei prezzi del prodotto nel suo complesso corrisponda esattamente al tasso monetario di efficienza dei ricavi dei fattori di produzione.11 Keynes aveva già affermato di intendere esattamente la stessa cosa con le tre espressioni: 1) reddito della comunità espresso in termini monetari; 2) ricavi dei fattori di produzione; e 3) costo di produzione,12 escludendo i profitti dai costi come pure da reddito e ricavi. Questo ci lascia con un Trattato fondamentalmente semplice, comprensibile nella struttura, non offuscato dalla grande conoscenza pratica di Keynes su questioni finanziarie né dal suo gusto per uno stile icastico e caustico.

Bernard W. Dempsey, Interest and Usury, Londra 1948, pagg. 88-91

Traduzione di Guido Ferro Canale

Note

1Il riferimento è a M. Skousen (ed.), Dissent on Keynes. A Critical Appraisal of Keynesian Economics, New York – Westport (Conn.) – London 1992, dove padre Dempsey non è menzionato, sebbene il capitolo introduttivo del volume ambisca appunto a passare in rassegna tutte le critiche rivolte alla teoria keynesiana. Questa, probabilmente, è la più incisiva dei primi anni dopo la pubblicazione della Teoria Generalema sembra che sia anche, a tuttoggi, la meno conosciuta.

2 J. M.Keynes,The General Theory of Employment, Interest and Money, pp. 179, 176, 192, 292.

3Ibid., pag. 243.

4Arthur CecilPigou, A Study in Public Finance, London, 1928, pp. 218·220 (corsivi aggiunti).

5General Theory, p. 179.

6Frank W. Taussig, Principles of Economics, New York, 1916, Vol. II, p. 204.

71bid.. pp. 26-27. Le citazioni di Taussig da parte di Keynes sono tratte dalle pagg. 20 e 29: cfr. General Theory, p. 176.

8General Theory, p. 179.

9Questa sede è adatta quanto qualsiasi altra per esprimere rimpianto per il fatto che la posizione di Robertson, benchéparzialmente nota grazie ad una lunga serie di articoli influenti e ad alcune monografie molto brevi, non sia mai stata presentata in uno studio sistematico del tasso di interesse. Che Keynes sia in debito con lui è chiaro; ma unesposizione completa delle opinioni di un autore con i grandi meriti di Robertson è desiderabile per sé stessa.

10John Maynard Keynes, Treatise on Money, London, 1930, Vol. II, p. 350.

11Ibid., Vol. I, p. 155. [Nellinterpretazione di F.A. Hayek, Contra Keynes and Cambridge: Essays, Correspondence, pag. 139, il concetto di money rate of efficiency earnings of the Factors of Production” è inteso come rapporto tra total income e total output (E/O, secondo lalgebra propria del Trattato); cfr. amplius ibid. per le considerazioni critiche di Hayek. N.d.T.].

12Ibid., Vol. I, p. 123.

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